Sono appena tornato dalla Silicon Valley, un viaggio di una decina di giorni all’insegna della scoperta.
È un viaggio organizzato grazie ad un incastrarsi di casualità.
Un nuovo progetto in cantiere, che potrebbe avere un respiro internazionale, un partner aziendale che ha proposto un viaggio all’insegna di workshop e scoperta, ed un’azienda di viaggi alla ricerca di una nuova tipologia di esperienza da proporre.
La Silicon Valley è uno dei più importanti poli mondiali legati alla tecnologia ed al mondo startup.
Da Google a Meta, da AirBNB a Netflix, tutti i Big Player mondiali (e non solo) hanno sede in Silicon Valley, una nazione dentro la nazione.
Cosa vuol dire?
Che a differenza di tutti gli altri Stati americani ha una serie di leggi e semplificazioni che permettono di fare impresa in maniera estremamente rapida ed aggressiva.
L’ho sempre sentito raccontare, ma è solo respirando direttamente l’aria di San Francisco e parlando con chi ci lavora che ho capito cosa vuol dire, per loro, fare impresa.
Tutto quello che riguarda la creazione di un’azienda è portato all’eccesso, dagli stipendi al networking passando dalla velocità e dalla mole di investimenti.
Un approccio molto diverso dallo standard italiano e dal mio classico modo di concepire il “come fare azienda”.
Networking all’estremo
C’è solo UN motivo per andare in Silicon Valley. Fare networking. O, se vogliamo dirlo all’italiana: creare una rete di relazioni utili alla propria crescita professionale.
Investimenti e capitali sono solo una naturale conseguenza di una giusta rete di contatti, supportata da una corretta capacità di proporsi.
Anche in questo caso tutto è portato all’eccesso.
Chiunque incontrerai, a prescindere dal livello sociale, sarà ben disposto ad ascoltarti e si proporrà di aiutarti a fare nuove conoscenze, a far conoscere il tuo progetto e le tue idee.
A volte in maniera naturale, spesso per poter entrare in qualche modo nella trattativa o comunque avere un tornaconto (che non deve per forza essere vista come una cosa negativa).
Perché, ok fare comunità, ma bisogna pur vivere e le idee non si finanziano da sole.
Decine di incontri al giorno, in ogni zona della città, sulle tematiche più disparate (anche se l’A.I. la fa da padrona), spesso con persone interessanti che hanno più o meno i tuoi stessi obiettivi.
E qui gli obiettivi sono chiari: crescere velocemente e combinare una exit. O in alternativa crescere così tanto da diventare rilevanti a livello internazionale.
Qui le aziende locali, che non hanno un respiro mondiale e non hanno una crescita a doppio zero, le chiamano “pizzerie”. Fa niente se fatturi 10 milioni di dollari, è il mindset che conta e nessuno investe in un business locale.
C’è solo UN motivo per andare in Silicon Valley. Creare relazioni di valore.
Qui sopra mi puoi vedere al Moma di San Francisco. Ok, l’arte a volte mi mette seriamente in difficoltà.
La città, fra ombre e prezzi folli
Sia chiaro, a San Francisco la cosa meno interessante è proprio San Francisco.
Ok, ci sono salite e discese e puoi trovare automobili che guidano da sole, ma di fatto non c’è nulla di interessante rispetto a tante altre città.
Non è all’altezza di Tokyo, non è tanto più interessante di Milano o Chicago.
Ha sicuramente le sue caratteristiche, alcuni grandi parchi, un bel molo acchiappa turisti, un paio di bei grattacieli e moltissime salite proibitive, ma “that’s it!”.
Se hai viaggiato un minimo non penso possa farti un grande effetto, se la tua origine è l’Italia e non ti sei limitato a vedere il paesello, men che meno.
Se non hai una crescita annua a due zeri, sei una pizzeria, non una startup
Colpisce sicuramente l’estrema povertà di alcuni specifici quartieri, in particolare il Fent*nyl, ovvero la dr*ga degli zombie (scusa le censure).
Non è raro vedere persone barcollare in giro in stato confusionale, anche se sono abbastanza circoscritte in specifiche aree.
Per quanto riguarda i prezzi ero decisamente preparato, quindi non mi sono impressionato particolarmente, anzi, pensavo peggio, ma si sa che alle persone piace esagerare.
La media per un pasto alla buona (panino/insalata e patatine) è intorno ai 30$. Da qui si sale. Ma è possibile trovare anche a meno.
Per essere una grande città, niente di così proibitivo.
Cosa ho portato a casa
In un viaggio del genere ognuno si porta a casa quello che vuole trovarci. A suo modo, come un viaggio in India o in Africa.
Certo, nessuno torna a casa col “mal di San Francisco”, almeno non penso 😅.
C’è molta meno poesia e molta più pragmaticità, cosa che a me piace.
Quindi porto con me la parola “possibilità”, perché qui tutto sembra realizzabile.
E porto con me la parola “connessioni” perché tutti hanno un unico obiettivo: crescere, migliorarsi, connettersi e scambiare valore.
San Francisco non è nient’altro che un enorme router che dà la possibilità alle persone di connettersi.
Ed a proposito di connessioni, devo ringraziare tutte le persone che ci hanno dedicato il loro tempo per condividere il loro punto di vista, le loro esperienze e conoscenze.
In ordine di apparizione:
Paolo Privitera, imprenditore seriale con quattro exit alle spalle è riuscito perfettamente a dare l’idea delle opportunità e della mentalità di San Francisco e della Bay Area, grazie ad aneddoti ed esperienze, fra successi e difficoltà. Sicuramente una guida in un mondo complesso.
Alessandro Cannas, Product Marketing Manager a Google per il progetto Gemini, ha portato la sua visione dell’azienda e la sua positività. Un piccolo assaggio di una delle più grandi Big Tech al mondo.
Tommaso Tosi, Erick Turricelli, fondatori di Gomry, che hanno condivisi la loro esperienza, quando da giovanissimi si sono trasferiti inseguendo il sogno americano e fondando una promettente startup, cavalcando le opportunità della West Coast.
Serena Perfetto, manager di Pinterest, che ha raccontato del sistema meritocratico e basato sulle opportunità e sulla competenza che gli ha permesso di far parte di una della più importanti aziende di condivisione di immagini al mondo. Il tutto con Stanford come cornice.
Pancrazio Auteri, fondatore di Product Expanse, che ha portato la sua enorme esperienza nello sviluppo di prodotto. Una lezione piena di spunti su come porsi in maniera corretta sul mercato e probabilmente il workshop che ho trovato più pratico.
Valentina Corbetta, Global Strategy presso Meta, una forza della natura ed un’imprenditrice da cui moltissimi dovrebbero prendere spunto, in continua evoluzione e con una voglia di fare senza pari. Sicuramente un’ispirazione da cui ho tratto moltissimo.
Da tutti loro ho appreso moltissimo, sono riusciti a trasformare un viaggio formativo in un’esperienza davvero preziosa.