Hai mai partecipato come speaker ad un evento?
Mi capita spesso di salire sul palco, grazie al mio lavoro ho infatti la possibilità, non solo di fare degli speech, che potremmo definire “informativi”, ma anche dei workshop, ovvero delle vere e proprie lezioni tecniche, in cui in mezz’oretta cerco di spiegare come realizzare una determinata strategia o applicare una tecnica.
Come nel mio lavoro, che, se non mi conosci, mi vede impegnato nel portare online strategie di conversione basate su funnel, automation marketing, advertising e siti internet, anche quando sono sul palco cerco di capire cosa va bene e cosa va male.
Misurare è la regola aurea per chi vuole fare business.
Per questo, prima di scendere dal palco, ogni singola volta, mostro un QR Code in cui chiedo ai partecipandi di darmi la loro opinione.
Un semplicissimo Google form, in cui chiedo un’opionione sincera.
[piccolo spoiler, più avanti puoi vedere domande e risposte raccolte]
L’unico elemento positivo portato da anni di pandemia è che, anche in Italia, finalmente, tutti sanno usare un QR Code, con la conseguenza che è molto più semplice raccogliere questa tipologia di dati.
E leggere questi dati è molto interessante, già “a naso” so perfettamente che non posso piacere a tutti, il contrario sarebbe… inquietante.
Il vero dato che mi interessa capire è l’andamento globale ed il sentiment, ovvero l’opinione generale, di chi ha seguito l’intervento.
A tal proposito, che ne dici se condivido con te qualche dato reale raccolto durante il Marketers World 2022 che si è tenuto ad ottobre a Rimini?
Premessa: ho tenuto un workshop tecnico intitolato “Strategie di mail marketing da un insider”, c’erano in sala circa 250/300 persone, che variavano da chi non ha mai visto una piattaforma di mail ed automation marketing, a chi la utilizza quotidianamente per lavoro.
Parte del pubblico erano utenti finali, altre agenzie.
Capisci bene che, fare un intervento tecnico in queste condizioni, non è proprio una passeggiata.
Ma vediamo cosa ne pensano i partecipanti, o meglio, gli 80 che hanno risposto.
Il primo dato riguarda il punteggio generale sul workshop. Come vedi la media è di 4.1.
In tutta sincerità non me la sento di lamentarmi. Si può migliorare, ma è accettabile.
La seconda domanda invece riguarda me come relatore. Ovvero, se l’esposizione in generale, tralasciando gli argomenti, è piaciuta.
Porto a casa un modesto 4.4.
Anche qui ci sono margini di miglioramento, interessante però notare che, anche a chi il workshop non è proprio piaciuto, perché probabilmente si aspettava qualcosa di completamente diverso, ha comunque gradito l’esposizione, il voto più basso è infatti 3 su 5.
Le prime considerazioni che posso fare sono quindi che il workshop è andato bene, ci sono margini di miglioramento ma le persone sono state generalmente soddisfatte.
In particolare, potrei provare a variare un po’ di più la tipologia di argomenti trattati e allenarmi per migliorare l’esposizione.
Ora che ho un’idea generale sia sull’argomento che ho trattato, sia sul come l’ho trattato, devo però capire più nello specifico cosa è andato bene e cosa male.
Per farlo ho fatto due semplicissime domande:
- Cosa è andato male?
- Cosa è andato bene?
Per amore di sintesi, ti riporto quelle che mi sono saltate all’occhio.
Iniziamo con cosa è andato male, e sarò sincero, quasi tutte le critiche non riguardavano quello che ho detto, ma l’ambiente in cui l’ho detto.
Purtroppo il workshop non era in aula ma in un openspace, che non permetteva di interagire con i partecipanti. Inoltre, per motivi organizzativi, ho dovuto procedere molto rapidamente in quanto, gli interventi precedenti, avevano sforato la tabella di marcia di oltre un’ora.
Qui sotto riporto lo screenshot di alcune risposte, come per tutti gli altri è preso direttamente dal Google form compilato.
Le uniche due critiche che possono essere ritenute tali, fra le varie che ho letto, sono state:
- Livello troppo base per chi ha già usato Active campaign. Non ho imparato nulla di nuovo
- Mi aspettavo più gestione del lead sotto un punto di vista comunicativo e non solo focus sullo strumento
purtroppo, dovendo fare un workshop che interessasse più persone possibili, e con soli 30 minuti a disposizione, sono critiche che da un lato ci possono stare, dall’altro non tengono in considerazione il contesto.
Non mi sento di aver sbagliato, con una platea così eterogenea è inevitabile non poter accontentare tutti, ma penso si potesse approfondire la parte comunicativa.
In tutta sincerità non è colpa del tempo, certo, non sarebbe bastato, ma questa parte non l’avevo comunque proprio prevista.
Questo perché, essendo un workshop tecnico, ed avendo ricevuto in precedenti eventi richieste di approfondire di più proprio la parte tecnica, in questa occasione mi sono concentrato sull’aspetto operativo.
I commenti positivi sono stati molto eterogenei, forse sbilanciati proprio sulla parte tecnica.
Eccone alcuni:
- Contenuti interessanti, mi hanno aperto la mente sull’email marketing
- Molto pratico
- Sei riuscito a tenere alta la mia attenzione e a farmi capire le cose tecniche
- Nozioni tecniche
- Argomento tecnico ma è passato bene
Considerando la tipologia di workshop, tutto regolare.
Anche qui traggo alcune considerazioni, ovvero che, nonostante l’argomento tecnico, sono stato in grado di farmi capire da tutti e che, tempo permettendo, avrei dovuto valutare anche una parte meno operativa.
Sicuramente sono soddisfatto del risultato ottenuto.
L’altro metro di misurazione che utilizzo per valutare quello che ho fatto è il numero di persone che mi contattano subito dopo lo speech.
Durante il World ho avuto il piacere sia di fare un workshop con quasi 300 persone che di fare uno speech davanti a quasi 2.000 persone.
In entrambi i casi moltissime persone sono venute a salutare, a chiedere delucidazioni, a presentarsi. E moltissime sono passate per complimentarsi.
Tralasciando la mia soddisfazione, di essere riuscito a far passare argomenti che, oggettivamente, per molte persone sono poco interessanti o addirittura noiosi
(sicuramente trattare di mail ed automation marketing ha meno appeal rispetto al trattare l’ultima tendenza o a fare un intervento motivazionale)
non posso che sottolineare l’entiusiasmo e la voglia di sapere che moltissimi partecipanti hanno dimostrato.
Ho visto tante idee, sane ambizioni, moltissimo affiatamento.
E qui vorrei fare i miei complimenti a Luca Cresi Ferrari, che lavora dietro le quinte per fare in modo che tutto il gruppo Marketers funzioni al meglio, riuscendo ad organizzare eventi di questa portata, che coinvolgono ospiti, aziende e persone.
Ed ovviamente a Dario Vignali, volto di Marketers, giovanissimo imprenditore che è stato in grado di costruire una community appassionata, ed una azienda di successo, partendo da un’idea e dai propri ideali.
A prescindere dal fatto che ho il piacere di collaborare con Marketers anche dal punto di vista professionale, sono sincero quando sottolineo l’impegno e gli ottimi risultati che stanno raggiungendo.
L’importanza di avere ed interpretare i dati
Tutto questo articolo, che spero non venga semplicemente accreditato come autocelebrativo, ma che nasce con l’idea di trasmettere un’idea
(e comunque penso che, anche essere fieri dei propri risultati, sia sano ed importante)
ha lo scopo di sottolineare quanto sia fondamentale avere ed interpretare i dati per potersi migliorare.
Ma questo non vuol dire limitarsi a leggere i dati inerenti le campagne di advertising, per capire se sono a ROI, oppure le statistiche di Google Analytics, per capire il percorso dei tuoi utenti.
Cercare di analizzare anche il tuo operato, sia esso lo speech su un palco o la metodologia di lavoro che stai adottando, può essere un game changer.
Personalmente cerco di misurare, ovviamente con buon senso, tutto quello che penso possa essere migliorato grazie ai dati.
Dando ovviamente priorità a quelle cose che possono darmi un maggior miglioramento percepito, a fronte del lavoro che serve per poter trarre dei dati utili.
Concludo questo articolo consigliandoti una tecnica che probabilmente conosci ma non applichi 😉…
Personalmente ho installato sul pc un programma chiamato Trackabi, ma ce ne sono di più famosi, come Toggl, un time tracker che mi permette di monitorare le mie attività.
Qual è il senso?
Capire quanto tempo spendo su specifiche operazioni, per capire se posso migliorarle, delegarle o, comunque, ottimizzarle.
Non lo uso sempre, penalizzerebbe il rapporto fra costo (inteso come tempo e fatica mentale per analizzare i dati) e beneficio, ma un paio di mesi l’anno mi permettono di fare quel salto che porta effettivi vantaggi nel mio lavoro.
Concludo con un ringraziamento speciale a Silvia Casolari per la bella foto che mi ha scattato e per avermi dato la possibilità di utilizzarla.